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  Martedì 19 dicembre 2017

RECITAL A PANDOLA DI S SEVERINO E ATMOSFERE NATALIZIE - #notizieirno.it#
R ECITAL A PANDOLA DI S SEVERINO E ATMOSFERE NATALIZIE


RECITAL A PANDOLA DI S SEVERINO E ATMOSFERE NATALIZIE NELL’IRNO E A S. SEVERINO
La scuola dell’infanzia del plesso di Pandola – popolosa località (frazione) di Mercato S. Severino – dedica al Natale ormai imminente uno spazio di dolcezza, ingenuità e riflessione: i suoi piccolissimi allievi (fino ai 5 anni) si esibiranno il 20 dicembre (ore 16.30) in un recital ad hoc. Il cui titolo è: “Verrà un bambino di nome Gesù”. In barba alle tante polemiche – di livello nazionale – sull’opportunità di allestire il presepe in classe o di lasciare (o meno) al muro il crocifisso. La nascita del Cristo, Sole e Luce della vita, è un retaggio antropologico occidentale, ma va difeso e salvaguardato assolutamente. La cittadinanza
(in particolare genitori, nonni e famiglie) è invitata, ingresso libero presso i locali della scuola – in via delle Puglie. La dirigente è la professoressa Laura Teodosio; le maestre responsabili dell’evento sono Rossella Iannone, Piera Mauriello, Rosanna Santoro e Rachele Sessa. I circa 60 alunni delle 5 classi delle ex materne, daranno senso, aspettativa e atmosfera alle festività leggendo apposite liriche natalizie, cantando e deliziando l’uditorio con il loro candore e con l’innocenza propria della genuinità. Tutti i poemi da essi affrontati, con la rappresentazione teatrale e le nenie, sono il frutto di tanto sacrificio e di un duro lavoro (già dai primi mesi dell’anno scolastico) da parte delle docenti e dei ragazzini; un percorso inseritosi nella programmazione educativo-didattica per il 2017/2018. Tutto verte sugli ideali e sui valori della fratellanza e della carità, dell’amore. Come soltanto i piccoli possono insegnare. “Le recite di Natale – afferma l’intero corpo insegnanti della scuola, assieme al personale tecnico-amministrativo – pur imperfette, rappresentano per i bambini un’occasione di crescita e un banco di prova per rafforzare l’autostima”. Il Natale, anche a S. Severino, non è (e non dev’essere) una mera occasione consumistica e commerciale. Lo illustrano, a chiare lettere, i vari presepi – viventi o non – che la cittadinanza (privati), con un ausilio da parte dell’amministrazione sanseverinese, organizza per le vie delle frazioni e/o quartieri di lignaggio comprensoriali. Ecco così l’artistico manufatto delle chiese di S. Antonio e S. Giovanni al capoluogo e le rappresentazioni sceniche di Costa, Pandola e forse Spiano. Il presepe vivente è nato nel 1223 a Greccio, ad opera di S. Francesco. Per quanto riguarda quello “fisso”, tanto caro alla tradizione partenopea (vedi S. Gregorio Armeno, località di Napoli patria dei pastori in terracotta – tra sacro, profano e attualità, mai rinnegandone l’etnografia), l’introduzione del presepe napoletano (vi è anche quello palestinese) nella cultura meridionale è avvenuta ad opera di S. Gaetano da Thiene (Caietanus, abitante di Gaeta – nutrice del pio Enea). Il fondatore dell’ordine dei frati teatini. Nel presepe napoletano, il personaggio di Benino o Beniamino – il pastore dormiente – simboleggia sia l’incredulità (proprio in quanto dorme e sembra non accorgersi di quello che intorno a lui va nascendo) che la speranza. Il Natale è festeggiato sempre il 25 dicembre, in quanto era l’antica “festa del Sole”: il natalis Solis invicti” – la nascita del Sole mai vinto, mai domo”. È il solstizio d’inverno, la notte più lunga dell’anno. Da questo giorno in poi, le giornate si rischiarano – fino al solstizio d’estate, il 21 giugno. Quando il giorno supera, come ore di chiarore, la notte. E – secondo l’antico calendario giuliano, prima del gregoriano (papa Gregorio) – è invece il 13 dicembre il giorno più corto. Ciò spiega il perché si sostenga che “a S. Lucia un passo di gallina (verso la luce) e a S. Agnello (14 dicembre, il giorno dopo) un passo di vitello”. Per quanto riguarda il capodanno, invece, presso i Celti (Galli, i cui sacerdoti si chiamavano druidi, come a Stonehenge – antico osservatorio astronomico, fatto di dolmen e menhir) esso avveniva tra il 31 ottobre e il primo novembre: il famoso semain. Nel corso del semain, i Celti si abbandonavano a libagioni e a sbornie. Poi si recavano nei boschi e piantavano abeti in occasione (anche) della nascita dei propri figli. Da questa consuetudine, l’antica usanza dell’albero di Natale. E anche per il bacio sotto il vischio, occorre sapere che è un retaggio etnografico appunto celtico. Per quanto concerne, invece, la parola “strenna” – per indicare il regalo, il dono di Natale – essa deriverebbe (tra altre ipotesi) dal nome della dea sabina della Salute: Strenua, donde “strenuamente”. Altre curiosità riguardano i cibi tradizionali del Natale: quale primo piatto a S. Severino e dintorni, come a Pasqua si assaggia il brodo (però di gallina faraona, ruspante, non di piccione – delicato – come appunto a Pasqua); coi cappelletti. Alla vigilia del 24 dicembre però, nel corso del cosiddetto “cenone” – a partire dalle 18 – si mangia il capitone al lauro (alloro) e incartocciato al forno; poi non manca il baccalà – “sponsato” (a mollo) rigorosamente da una settimana, in diverse preparazioni e varietà (all’insalata, in umido, fritto…); vongole e cozze con gli spaghetti la fanno da padrona per quanto inerisce i primi piatti. In alternativa, linguine con gli scampi (o con le cicale o pannocchie di mare, le tanto rinomate “schifiggini”). La variante di questo piatto è costituita da spaghetti con la colatura di alici e le noci (la colatura, con il miele, era uno dei “sapori forti” del garum o garon – nella cucina greco-romana) – delizia e primizia dell’8 dicembre (Immacolata Concezione). E invece il 25, dopo il già citato brodo, tradizione vuole che si degusti il pollo “mbuttunato” (imbottito) – con una farcia di uvetta passa, pinoli e fegatini. Non dimentichiamoci dei broccoli (cavoli di Natale) e dell’insalatina di rinforzo. Insieme alla “Giardiniera”, composta da sottaceti. Dolce tradizionale, oltre ai retaggi “nordisti” di panettone e pandoro, i famosissimi “struffoli” napoletani – con tanti “diavolilli” (o diavolini, confettini di zucchero) e un’abbondante “mano” di miele. In alcune zone del Sanseverinese – ma anche del Cilento, si preparano manicaretti come gli scaldatelli o “scauratielli” – zeppoline cotte nel miele – realizzate tramite un procedimento molto laborioso e che prevede molta forza nel girare l’impasto. Insomma, Natale all’insegna del gusto… Paese che vai – in Campania o nell’Irno – e usanze che trovi. A S. Severino sempre, numerosissimi gli appuntamenti con le varie iniziative promosse e messe in campo dall’amministrazione ma soprattutto – in questi ultimi anni di crisi, paventato dissesto (o predissesto) e bilancio in negativo – dai commercianti dell’intero hinterland. Che – autotassandosi di 70 euro ciascuno – hanno decorato tutte le vie e le strade del paese. Sobbarcandosi, nel senso non deteriore del termine, manifestazioni e kermesse quali le “Notti bianche”. E per offrire, ai residenti e agli avventori da zone limitrofe, occasioni di serenità e curiosità. Per “sentire”, ancora e nonostante il freddo e il vuoto, per i meno abbienti – l’atmosfera di festa. Non dimentichiamoci dei bambini, con le iniziative del neonato sodalizio “Children” (in pista il 21 dicembre, per regalare un sorriso ai piccini) e dei degenti al presidio di Curteri (altra frazione sanseverinese): il 22, una folta rappresentanza di studenti, di ogni ordine e grado delle scuole comprensoriali, si recherà all’ospedale “Gaetano Fucito” per visitare i malati che non trascorreranno le feste in famiglia – come dovrebbero, come è giusto che sia. E, infine, non vogliamo concludere questa carrellata senza accennare – almeno – alla presenza dell’Albero natalizio della Pace al centralissimo corso Diaz – donato alla città dalla benemerita associazione “Live for Africa”, dell’imprenditore Giuseppe Perozziello. E che dire – e concludiamo – della tombolata di beneficenza, svoltasi in questi giorni, approntata dal club Napoli per sostenere la Caritas inter-parrocchiale sanseverinese? Insomma, tanta solidarietà e umanità sotto l’albero… Per regalare un sorriso a chi ha solo motivi per piangere. Tra questi, non ultime le famiglie cui nel 2017 – e soprattutto negli ultimi mesi – siano venuti a mancare i cari, giovani o anziani che siano!

Articolo di: ANNA MARIA NOIA

  Martedì 19 dicembre 2017


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